ECONOMIA &LAVORO

 
 
 
Lezioni per il futuro
 
HOME DEL DOSSIER
10 Giugno
5 GIUGNO
4 giugno
3 giugno
2 giugno
31 MAGGIO
29 MAGGIO
TUTTI GLI INTERVENTI

«Troppo facile sparare sui derivati»

di Mario Margiocco

Pagina: 1 2 di 2
commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
29 maggio 2009

«... PAGINA PRECEDENTE
Che cosa salvare e che cosa buttare a mare dei derivati?
Sono utili, se usati propriamente. Il mercato dei derivati consente a imprese e società finanziarie di cautelarsi contro il cambio, i tassi, la solvibilità di una controparte. Ma gli abusi sono stati tanti. I derivati sono stati scambiati in misura eccessiva sul mercato Otc invece che nelle sedi appropriate. Questo ha portato a una grande opacità e ha costretto le autorità a salvare a caro prezzo varie entità non regolate, come grosse banche d'affari, o Aig holdings, diventate di fatto banche d'investimento. E questo per paura di un effetto domino. I regolatori devono preoccuparsi dei rischi da controparte e quindi sistemici, e devono usare le normative su capitali di riserva adeguati per incoraggiare istituzioni finanziarie regolate quali banche, assicurazioni e fondi pensione, a trattare i derivati su mercati regolamentati.

E che cosa salvare della cartolarizzazione?
Le cartolarizzazioni consentono a chi concede crediti di rivendere i titoli di debito e rifinanziarsi e suddividere il rischio, trasformano capitale inerte in capitale vivo e creano titoli che il mercato richiede. Ugualmente anche la cartolarizzazione è sfuggita di mano. La quota di mutui subprime cartolarizzati è raddoppiata, indebolendo l'incentivo di chi emetteva i mutui a rispettare le regole fondamentali di controllo del rischio. Le agenzie di rating non hanno fatto quanto dovuto. E le banche hanno disatteso i requisiti di capitale attraverso le voci fuori bilancio. Avevano promesso di riprendere a bilancio i veicoli creati extra-bilancio nel caso questi trovassero difficoltà a rifinanziarsi sul mercato a breve. Invece si sono trovate esposte a queste voci extra in misura variabile dal 30 al 200% del capitale! La riforma dev'essere quindi su più fronti: insistere sulla trasparenza della frazione di prodotto cartolarizzato trattenuta da chi dà origine all'operazione, mutui o altro; regolare le agenzie di rating, che sono dei regolatori di fatto, visto che le loro classifiche hanno diretta influenza sul mercato; imporre requisiti di capitale più severi per le posizioni mantenute extra bilancio.

Servono regole ufficiali che indichino quando su un particolare mercato si sta creando una bolla?
Ci sono due problemi. Quando si può dire che c'è una bolla, cioè una sopravvalutazione di un asset? Ad esempio, nel caso immobiliare americano si trattava di una pura bolla - un eccesso di prezzo rispetto ai valori fondamentali - o il risultato dei vari sussidi dati dall'amministrazione Bush all'immobiliare? E poi, dovremmo farla esplodere? Il dibattito è stato dominato fin qui da quelli che dicevano "non fatela esplodere", guidati da Greenspan e Bernanke. Certo, teoria ed esperienza dicono che l'economia probabilmente entra in recessione se la bolla esplode e i bilanci delle imprese quindi smagriscono. Oggi il dibattito cerca di definire se le autorità devono essere preoccupate della stabilità di prezzo degli asset, e fino a che punto. Una cosa è chiara tuttavia: una buona applicazione della contabilità market value non dovrebbe prendere i prezzi troppo alla lettera in una situazione di bolla. E non solo perché la bolla può esplodere, ma anche perché se esplode lo fa quando il settore corporate ha più bisogno di liquidità. Questo indica che se non si rivedono le regole contabili del market value, i ratio di capitale devono essere più alti quando il mercato è alto per creare sufficienti protezioni al momento di sensibili ribassi.

Si sta creando un mondo finanziario a due velocità, grosse entità regolate e piccole assai meno regolate?
Sì e no. I grossi protagonisti saranno sempre al centro dell'attenzione perché una loro défaillance avrebbe rischi sistemici. Ma ci saranno sempre piccole entità regolate (banche retail, assicurazioni, fondi pensione) e grosse realtà non regolate. La regulation è spesso dettata dalla volontà di proteggere realtà potenzialmente indifese, depositanti, assicurati, futuri pensionati.

A suo avviso la nuova finanza sarà una versione riveduta della vecchia e con regole migliori, o siamo nel mezzo di un grosso cambiamento per i modelli operativi dei mercati?
I mercati finanziari saranno più piccoli, ma sempre centrali. Non credo stiamo cambiando paradigma, ma acquisendo una migliore coscienza sulla necessità di regole efficaci. Non solo supervisioni più efficaci, ma anche regole prudenziali macro. Intendo, non solo norme sui ratio di capitale di banche e assicurazioni, ma anche attenzione al generale equilibrio fra esposizioni a breve e a lungo. Questo perché se molte grosse istituzioni sono molto illiquide e devono fare ricorso in modo massiccio al mercato a breve, come nei casi recenti, la Fed e la Bce non hanno scelta e devono tenere i tassi artificialmente bassi per consentire a queste istituzioni di rifinanziarsi e sopravvivere.

mario.margiocco@ilsole24ore.com

29 maggio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina: 1 2 di 2
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-